Riflessioni ad alta voce

Così ci salveremo: rilanciamo la storia della civiltà europea

Marzo 2, 2025

Marco Onida*

Benissimo ha fatto Michele Serra a lanciare su Repubblica l’appello per una grande manifestazione  “con zero bandiere di partiti, solo il blu monocromo europeista” ed è senz’altro una buona notizia il fatto che l’iniziativa abbia immediatamente scatenato la corsa alle adesioni sia da parte di semplici cittadini che dei sindaci di alcune importanti città. Sarà l’occasione per riscoprire l’europeismo che – non va dimenticato – ha sempre distinto il nostro paese, ed in maniera molto forte fino a non molti anni fa. Forse qualcuno ricorderà il referendum consultivo del 18 giugno 1989, sul quesito “Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?”, e che vide  – nonostante l’assenza di qualsiasi genere di conseguenze pratiche in particolare per i parlamentari degli altri Stati (inoltre lo strumento del referendum consultivo non era nemmeno previsto dalla Costituzione, tanto che per organizzarlo fu necessaria una legge costituzionale, la n.  2/1989)  un’altissima partecipazione (oltre l’80% degli elettori si recarono alle urne, e l’88% di questi rispose “si”). Fu chiaramente una dimostrazione di spirito europeista, che si era già palesato nel 1979 durante le prime elezioni europee a suffragio universale, con un’affluenza vicina all’86% e che si è  mantenuto per lungo tempo: tolti i Paesi in cui il voto è obbligatorio e che quindi registrano un’affluenza sempre attorno all’80-90% (Belgio e  Lussemburgo), e con l’eccezione di Malta (dal 2004), fino al 2014 l’Italia è stata sempre, nonostante un progressivo calo delle partecipazioni al voto,  all’apice dell’affluenza fra i Paesi UE, “staccando” nettamente Francia e Germania. “Primato” perso però nel 2019 (affluenza del 54,50%), con Danimarca, Germania, Spagna, Svezia e Grecia (in quest’ultima il voto è formalmente obbligatorio anche se non sono previste sanzioni) che hanno segnato una partecipazione maggiore della nostra, e poi nelle recenti elezioni del 2024, nelle quali l’affluenza in Italia è tristemente calata al 48,31, inferiore a quella registrata in Danimarca, Germania, Irlanda, Francia, Svezia, Austria, Cipro, Ungheria e Romania.

Ovviamente l’appello di Michele Serra origina dalla situazione di crisi già evidente da alcuni anni (si pensi alle acrobazie che il Consiglio europeo ha dovuto fare in questi ultimi anni per superare, quando è riuscito a farlo, l’ostracismo di Orban e – fino alle elezioni polacche del  2023 – di Kaczyński) ma resa evidentissima dal cambio radicale di politica estera dell’Amministrazione americana. A questo proposito, vogliamo però ricordare che l’UE ha sempre tratto nuovo dinamismo e sviluppo proprio dalle crisi i cui ci è trovata. Dalla crisi finanziaria del 2008-2012 (anche in questo caso, originata negli USA con la bolla dei sub-prime) sono emersi importanti  strumenti di politica economica e il Meccanismo Europeo di Stabilità. Dalla crisi economica che ha seguito la pandemia da Covid-19 è sorto il Next Generation UE, un bilancio record per investimenti (di cui l’Italia è il principale beneficiario). Dalla crisi dei prezzi dell’energia seguita all’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 è scaturita una transizione energetica senza precedenti verso una maggiore autonomia dell’Europa e per la sostituzione di fonti fossili con fonti rinnovabili. La crisi politica attuale è più preoccupante, perché sono in gioco “l’ordine mondiale” e l’essenza stessa della democrazia. Ma l’Europa ha la capacità di uscirne rafforzata. Basta volerlo. E volerlo è oramai una necessità impellente per allentare non solo nel nostro Continente la pressione di una suggestione autocratica e tecnologica che è la continuazione sul piano istituzionale di un capitalismo amorale che esplicitamente si fonda sul superamento dei vecchi limiti posti all’autorità politica. Ritorniamo allora, con fiducia, ancora una volta, a Roma città simbolo della concordia europea e internazionale, il 15 marzo!

 

*Presidente Associazione Passione Civile con Valerio Onida

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