Riflessioni ad alta voce

La coalizione che verrà dopo il voto anticipato in Germania

Febbraio 24, 2025

Matteo Frau*

I risultati delle elezioni federali tedesche tenutesi ieri, domenica 23 febbraio 2025, parlano chiaro. Il prossimo Cancelliere sarà – salvo imprevisti – Friedrich Merz, leader della CDU. Il suo partito, tradizionalmente gemellato con la CSU, ha ottenuto oltre il 28% dei consensi affermandosi nettamente, nel Paese e nel Bundestag, come il partito di maggioranza relativa. Lo storico avversario politico, il partito socialdemocratico, ha ottenuto poco più del 16% dei consensi, scivolando al terzo posto, dopo il partito di estrema destra AfD che ha visto viceversa raddoppiato il suo consenso. Deludente il risultato dei verdi (meno del 12%) che perdono voti e seggi in favore della Sinistra (Die Linke ha ottenuto l’ottimo risultato dell’8.8%, superando nettamente la soglia di sbarramento del 5%).

Naturalmente Merz e la CDU-CSU non potranno governare (né legiferare) da soli, poiché sarà necessario costruire una coalizione di maggioranza. Da questo punto di vista, nulla di nuovo nella storia della democrazia tedesca in cui il principio di coalizione, oltre che essere una regolarità della prassi politica è anche una sorta di convenzione costituzionale. Il Cancelliere in pectore e il suo partito sembrano optare per una riedizione della c.d. grande coalizione, ossia un’alleanza con il partito socialdemocratico, anche se non si tratterà stavolta di una coalizione particolarmente “grande” (potendo contare 328 parlamentari su 630). Un’alternativa per Merz è, scusandomi per il gioco di parole, L’Alternativa per la Germania (AfD), che indubbiamente siede anch’essa nel Pantheon dei vincitori di queste elezioni insieme alla sua antitesi, Die Linke. Va invece scartata l’ipotesi di una coalizione “progressista” tra Socialdemocratici, Verdi e Sinistra, non solo e non tanto perché disallineata con l’indirizzo espresso dal corpo elettorale, ma anche e soprattutto perché numericamente incapace di garantire la maggioranza assoluta dei seggi che è richiesta per l’elezione parlamentare del Cancelliere (sebbene la Legge fondamentale contempli l’ipotesi residuale di un’elezione a maggioranza semplice, lasciando in questo caso al Presidente federale la facoltà di optare per lo scioglimento del Bundestag).

Entrambe le soluzioni percorribili, cioè “grande” coalizione oppure coalizione tra CDU/CSU e AfD, potrebbero trovare una giustificazione politica. La prima soluzione è infatti consigliata dalla continuità del disegno europeista e dalla prosecuzione domestica dell’alleanza che, nell’ambito del Parlamento europeo, ha permesso di eleggere la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. La seconda potrebbe essere suggerita dalla volontà di assecondare la volontà del corpo elettorale (o meglio una possibile interpretazione di tale volontà) il quale ha certamente sanzionato l’operato del governo Scholz e ha viceversa premiato le opposizioni, in modo particolare i conservatori e la destra più radicale.

Questa seconda opzione rappresenta un pericolo per la democrazia tedesca? Io credo di no. Intendiamoci, il rischio che AfD possa promuovere politiche antieuropee e assumere posizioni estremiste è concreto. Ed è per questa ragione che è stata categoricamente esclusa già prima e subito dopo il voto da Merz.  Tuttavia, a garanzia del governo democratico vi sarebbe pur sempre l’attribuzione del cancellierato a Merz, esito inevitabile di qualsiasi alleanza con altre forze politiche. Il sistema tedesco, e in particolare il meccanismo della sfiducia costruttiva, è concepito in modo tale da proteggere lo scranno del Cancelliere da qualsiasi manovra puramente “distruttiva” da parte del junior partner della coalizione. L’unico modo per detronizzare Merz, una volta che questi venisse eletto dal Bundestag, anche in forza di una  coalizione tra CDU/CSU e AfD, sarebbe quello di eleggere un nuovo Cancelliere supportato da una nuova maggioranza costruttiva, ipotesi che comporterebbe l’ingresso nel nuovo Governo dei partiti di centrosinistra ed eventualmente di sinistra e, contestualmente, la fuoriuscita di AfD dalla coalizione di governo. A ciò si aggiunga che la Legge fondamentale tedesca del 1949 disegna una c.d. democrazia protetta: se AfD dimostrasse concrete derive antisistema correrebbe il rischio di essere sciolta dal Tribunale costituzionale federale per effetto del Parteiverbot, ossia della clausola costituzionale che – onde impedire che possa nuovamente accadere quanto successo durante la Repubblica di Weimar – sancisce il divieto dei partiti antisistema. La norma è già stata applicata in passato, anche se non ha mai colpito partiti di governo.

Ma lo scenario più probabile è quello che si giunga a un accordo con l’SPD, a condizione però che questa forza politica eviti controproducenti impuntature. Non potrà infatti trattarsi, stavolta, dell’equilibrio tipico di una grande coalizione, per il semplice fatto che il partito socialdemocratico oggi non è più uno dei due principali partiti della Germania. Se l’SPD accetterà docilmente di farsi guidare da Merz e dal suo partito in posizione di junior partner, dimostrandosi disponibile ai compromessi che la gravità della situazione – oltre che il pessimo risultato elettorale conseguito – impone, allora vi sarà speranza per un governo europeista e moderato. Se invece l’SPD avanzerà troppe pretese nella trattativa per il contratto di coalizione, potrebbe spingere la CDU/CSU fra le braccia di AfD. Viaggiando con la fantasia si potrebbe infine immaginare una complicazione dello scenario anche in seguito all’auspicata nascita di una “(ex)grande coalizione”. La SPD, infatti, una volta che avrà siglato un patto di coalizione, dovrebbe evitare di alzare eccessivamente la posta durante la legislatura, ossia di riproporre l’atteggiamento che i liberali democratici hanno tenuto con il Governo uscente di Olaf Scholz. In questo caso, infatti, il rischio di riaccreditare l’ipotesi di un’alleanza con AfD sarebbe elevatissimo.

Questi sono gli scenari che si possono immaginare. Ma, come si sa, le dinamiche della politica sono spesso imprevedibili.

 

*Professore Associato di diritto pubblico comparato, Università di Brescia

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